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A Tunisi tutti sostengono inequivocabilmente che ci sia libertà! Di stampa ed espressione. Ed io concordo. Vado a pranzo con un noto esponente del partito progressista Al Joumhouri. Una chiacchierata informale che ha reso bene l’idea di ciò  che accade oggi in Tunisia, ma soprattutto di ciò che si vuol far accadere, prima che sia troppo tardi, voglio aggiungere di mia sponte. Noureddine è un militante della vecchia guardia e conosce bene il suo Paese, dagli esordi di Ben Ali ad oggi l’ha visto mutare in bene e in male e su quest’ultimo punto vuole agire, insieme ai sostenitori del suo partito.  Al Joumhouri fondato nel 2012 da Maya Jribi è sorto dalla fusione tra il Partito Democratico Progressista, di stampo laico liberale, diretto dalla famiglia Chebbi, e il Partito Repubblicano Tunisino di Centro, in antagonismo con Ennahda, Partito Religioso Islamico, di cui fa parte l’attuale sindaco di Tunisi Souad Abderrahim.

“In Tunisia la politica pecca irrimediabilmente per un difetto: i partiti non si focalizzano sul progetto. La consuetudine dei partiti tunisini è di far campagna elettorale basandosi solo su istanze personali o di fazione, dimenticando il disegno di un programma collettivo da esporre come vessillo di riferimento nel gioco elettorale. Manca il legame fra la campagna e la popolazione, i governi si sono arenati sul piano delle proposte con ben poca lungimiranza, ma anche poca fantasia. Al Joumhouri vuole essere progressista anche in questo: delineare a tinte chiare progetti e intenzioni e rendere fruibile il programma alla stampa e ai cittadini.”

È chiaro per Said che senza informazione non può esserci riscontro, né politico, né elettorale. In questi giorni in Tunisia, ma soprattutto nella capitale, si è consumata la lotta per l’iscrizione nelle liste elettorali di gran parte della popolazione ancora latitante ai seggi. Questo assenteismo, da ignoranza ma anche delusione, governa nella maggior parte dei tunisini e costituisce una grave pecca del sistema elettorale. A votare con più motivazione, precisa Said, ma forse per eteronome ragioni, sono i gruppi islamici, più motivati, i quali registrano puntualmente il più alto tasso di affluenza alle urne. Gli altri partiti risentono del fatalismo e dell’inedia livellante che avvolge nell’indifferenza gran parte dell’elettorato.

“Oggi al potere vi è un governo di formazione mista, che traballa nell’incongruenza della sua stessa composizione. Essebsi, Presidente della riformata Repubblica di Tunisia e alla testa del Parlamento votato nel dicembre 2014, è il fondatore del Partito progressista e laico Nidāʾ Tūnus (Appello della Tunisia); Chaheb Primo Ministro dal 2018, fuoriuscito dallo stesso partito oggi è a capo del nuovo e più modernista Tahya Tounes (Viva la Tunisia), e costituisce il secondo partito dopo gli Islamici di Ehnnada. Presidente e Primo ministro sono legati in un’alleanza iniqua che non crea stabilità e nemmeno fiducia.”

Come prepararsi alle prossime elezioni? Noureddine ha le idee chiare, sperando che anche i suoi alleati la pensino allo stesso modo, e intende puntare tutti gli sforzi e le energie su cultura e sanità. Partire dalle basi, insomma, in un paese che non è abituato a gestire la democrazia e a cui mancano, appunto, le fondamenta dello stato sociale.

“Per il futuro contiamo di reinvestire sul turismo e soprattutto su quello sanitario, fornendo appoggio e supporto a tutte le associazioni in crescita che vorranno occuparsi della salute nella terza età.” Un nuovo sistema di accoglienza quindi, pronto a ricevere europei e asiatici benestanti o in pensione.

Sul versante economico l’Italia, soprattutto per la sua vicinanza, è il primo partner commerciale europeo della Tunisia e suo maggiore importatore. Libia e Algeria invece costituiscono i naturali e storici mercati del Maghreb, ma gli equilibri stanno mutando velocemente a seguito di più forti ingerenze asiatiche.

“La nostra politica commerciale è stata svenduta in parte ai cinesi, ma il vero problema che blocca lo sviluppo è la corruzione. Il debito pubblico tunisino si aggira intorno al 70%. Il mercato nero invece riassume il 54% delle attività e della ricchezza del Paese e costituisce una importante fonte di sostentamento della popolazione.”

Già in tempi non sospetti il partito aveva proposto l’introduzione di una nuova moneta per arginare i danni del dinaro, ma ha subito il rifiuto dell’attuale ministro dell’Economia.

“Il prelievo fiscale ha creato discrepanze incolmabili su più strati della popolazione. A mio avviso solo una visione di intervento più omogenea potrebbe attuare una riforma reale che permetta di contribuire in maniera proporzionale a tutte le fasce lavorative; liberi professionisti, oggi più che penalizzati, inclusi.”

Al Joumhouri ha a cuore i diritti civili fondanti e storicamente baluardi di sinistra, e al suo interno non v’è discrepanza fra uomini e donne, metà della sua composizione è femminile e il partito stesso è stato fondato proprio da una donna. Esso ha una visione democratica, progressista e moderna ma sul fronte civile, per Said, si può fare di più.

“La Tunisia è il Paese più all’avanguardia del nord Africa ma molte istanze, dall’omosessualità alla pena di morte, pur se sostanzialmente inattuali, non sono ancora state problematizzate né discusse. In molti casi permane un reato di tipo nominale a far fronte all’effettiva punizione.”

Se parliamo di Giustizia entriamo nell’ambito più scottante per il nostro interlocutore:

“Manca la riforma del codice penale. Dal 2014 si tenta di adattarlo alla nuova carta costituente, ma le ingerenze e le interferenze nella sua interpretazione contribuiscono a sporcare il ripensamento della costituzione in molte parti. La nuova costituzione, nata a seguito delle elezioni del 2014, ancora necessita di apporti e aggiustamenti. Di fatto consta di un accordo istituzionale fra le parti, ma non ancora ratificato. Servirebbe un organo superiore, ovvero un Tribunale costituzionale, che ne garantisca l’applicabilità. La composizione minima per creare il tribunale prevede per legge il voto di 12 membri, 4 eletti all’interno del Consiglio della Magistratura, 4 di nomina presidenziale e 4 eletti dal Parlamento (impersonato al momento dal Gruppo islamico). Una formazione che non ha mai raggiunto i due terzi del quorum, con chiare mire osteggianti.”

Il Paese, stremato da 5 anni di stand by, non può appellarsi dunque a nessun tribunale. Qual è allora la proposta innovativa di Al Joumhouri? Un generale cambio di gestione che spazi dal settore dei trasporti, luce e gas, di proprietà dello Stato, a quello dell’educazione e della salute. Mantenendo la partecipazione statale, quindi senza l’assillo della privatizzazione, per lavorare sull’efficacia economica riducendo gli sprechi, mazzette e vari arnesi di corruzione, in modo da limitare il malfunzionamento dei beni pubblici e operare contestualmente sulla riforma delle società pubbliche in deficit: per esempio Société Nationale des Chemins de Fer Tunisiens, Tunisair e altre grandi compagnie.

Nessuno in Europa ha a cuore l’unione dei paesi del Maghreb, forse perché l’unione fa la forza… anche di contrattazione.

“La Tunisia agli occhi della Lega Panaraba ha poche risorse e forse per questo non è stata massacrata dalla politica denigratoria estesa a tutto il Maghreb. Purtroppo i nuovi traffici internazionali hanno fatto aumentare la criminalità anche nelle nostre città. Fra i nuovi fenomeni vi è il reclutamento di forza umana dai territori subsahariani a scopo di sfruttamento. Un nuovo business mai visto prima d’ora, di cui è complice non solo la Libia ma l’intera cintura dei Paesi africani del centro.”

Ma cosa hanno fatto e tentano di continuare a fare i regimi salafisti insinuandosi nelle maglie sbrindellate della vacanza di stato?

“Intromettersi e far proseliti nel campo delle Associazioni sociali e contadine sfruttando il malcontento e la proverbiale indifferenza popolare. Manipolando a suon di dinari enti e organizzazioni più vaste. L’attacco saudita si esplica tutto in questa sorta di finanziamento a pioggia che pervade i più svariati settori e indulge su ogni appartenenza di classe. Persino il partito turco (potere agli islamisti) ha tentato di infiltrarsi in Tunisia grazie al partito islamico”.

Se nomino Matteo Salvini a cosa pensiamo?

“Grandi gaffe nei confronti del nostro popolo e governo, e questo nonostante l’Italia sia fra i nostri partner privilegiati economicamente e anche culturalmente, ma del resto Salvini sbaglia con tutti, non fa distinguo…”

Elena Beninati  

Aprile 2019   Tunisi