Poche ore di inferno, fine psicologia per decifrare le motivazioni di tre attentati in successione, rivendicati poi dall’isis…
27 Giugno 2019, 3.30 di notte, scatta l’allarme terrorismo: un commando attacca una stazione di radiotrasmissione protetta dall’esercito sul Monte Orbata, nei pressi di Gafsa. I militari mettono in fuga i terroristi e scatta la caccia all’uomo.
Tunisi, h 10.45, un uomo si fa esplodere in prossimità di un posto di blocco all’angolo fra Rue Charles De Gaulle e Avenue de France, in pieno centro. Feriti 6 poliziotti e due passanti. Poche ore dopo il poliziotto Mehdi Zammali, di 24 anni, decede in ospedale a seguito delle ferite riportate. Sempre Tunisi, ore 11 circa, nel retro della caserma sede dell’antiterrorismo a El Gorjani, un kamikaze in bicicletta esplode ferendo 4 agenti.
Episodi collegati che manifestatamente hanno avuto uguale obiettivo, ovvero le forze dell’ordine costituito, la Polizia, emblema di potere in un Paese che non ha mai revocato lo stato di emergenza dalla data dell’attentato contro un bus delle guardie presidenziali in Avenue Mohamed V, risultato: 13 morti. Siamo a Novembre 2015, la strage del resort a Sousse, circa 38 morti mitragliati senza perché, risale al 26 giugno dello stesso anno.
Marzo 2018, nei pressi della capitale al Museo del Bardo a essere condannati sono altri 22 turisti, in un attentato, questa volta ufficialmente, a danno del sistema economico e turistico tunisino, poi rivendicato da Daech, che ha offeso l’orgoglio del Paese, punito per la sua apertura e complice di un sistema “capitale” tale da procurare denaro, benessere, ed il sogno civile di poter sfruttare le risorse in modo non politico…
Quel giorno non è stato dimenticato nemmeno il 28 ottobre 2018, in cui una donna davanti al Teatro Municipale della Capitale, nella centrale e rappresentativa Avenue Bourguiba si immolò al terrore, offrendo il suo corpo ad una causa rivendicata dall’Isis ma smentita dal Governo.
Altri episodi di terrore hanno coinvolto negli anni post – rivoluzione le popolazioni delle regioni frontaliere: la zona del monte Chaambi nella regione di Kasserine non è mai stata completamente liberata dalle mine posizionate dai gruppi jihadisti rifugiati su queste alture.
Tuttavia la Tunisia, pur non abbassando la soglia di allarme non cede al ricatto. Oggi a poche ore dal secondo attentato nella capitale, la città brulica incosciente dell’accaduto come in un qualsiasi giorno di sole. Riaprono quasi tutti i caffè e timidamente anche i negozi. A rappresentare lo sconcerto resta il silenzio dei palazzi istituzionali e dei centri culturali, l’ambasciata francese, sempre in ballo quando in aria c’è odore di sommossa, e i grandi ristoranti gestiti da europei. Evacuato il tribunale a Bab Bnet e disertato il carcere di Mornaguia da avvocati e visitatori per precauzione. E il ministro del Turismo e dell’artigianato René Trabelsi sfila per la Medina a testa alta: “la Tunisia non abbasserà lo sguardo e incrementeremo il turismo con tutte le nostre forze”.
Il premier Chahed si dichiara prontamente impegnato nella lotta ai terroristi e decreta il fallimento del loro becero tentativo di indebolire l’economia tunisina e la transazione democratica, dato che la Tunisia si prepara ad organizzare le prossime elezioni legislative e presidenziali.
Chahed esorta il popolo a non soccombere e a mostrare fiducia verso le istituzioni militari e di sicurezza del proprio Paese, ma stenta a morire una mentalità terroristica postrivoluzionaria, delusa forse da troppe aspettative che la rivoluzione del 2011 non è riuscita ad avverare; stenta a morire persino il presidente della Repubblica Beji Caïd Essebsi, dichiarato morto in un istante di vacanza del buon senso giornalistico ma subito ricollocato in un decente stato di salute che ne garantirebbe il proseguo politico, a garanzia di un pericoloso vuoto di potere decisamente incostituzionale.
Infatti, secondo l’articolo 84 della Costituzione è la Corte Costituzionale che dichiara il posto vacante, sia per un periodo provvisorio che definitivo. Peccato che la Corte Costituzionale in Tunisia ancora non sia stata creata… fatto che rappresenta uno dei principali fallimenti per la giovane democrazia.
A peggiorare la situazione si aggiunge il dubbio che l’istanza provvisoria che ne fa le veci abbia il potere di intervenire, a pochi mesi dalle elezioni legislative e presidenziali, qualora il capo del governo Youssef Chahed, in pieno conflitto d’interessi, prendesse le veci della Presidenza della Repubblica.
Gli attentati potrebbero fornire un ulteriore motivo per reclamare il rinvio delle elezioni, oltre alla quasi certa impossibilità di modificare la legge elettorale, voluta dal premier stesso per mettere fuori gioco i rivali in corsa e votata da pochissimo in Parlamento, nei termini previsti dalla legislazione.
Ad offuscare il panorama è la guerra ad oltranza in terra di Libia, che costringe, volente o nolente, il Governo tunisino a prendere posizione e forse, a quanto pare, a subirne qualche decisione…
Elena Beninati
27 Giugno 2019 Tunisi
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